Auditorium


Molti, a Roma e altrove, conoscono l’Oratorio del Gonfalone, che è uno dei complessi architettonici e pittorici più suggestivi della seconda metà del Cinquecento.

Nell’oratorio si organizza da molti anni una raffinata stagione concertistica, all’insegna di un’arte senza confini. Il ciclo, che decora interamente le pareti dell’Oratorio del Gonfalone, raffigura in dodici episodi la Passione di Cristo: inizia con l’entrata in Gerusalemme, prosegue con l’ultima Cena, l’Orazione nell’orto, la Cattura di Cristo, Cristo davanti a Caifa, la Flagellazione, l’Incoronazione di spine, l’Ecce Homo, la Salita al Calvario, la Crocifissione e si conclude con la Resurrezione.

Le scene sono inquadrate da una intelaiatura architettonica formata da colonne tortili ispirate alle colonne vitinee dell’antica Basilica di San Pietro, che provenivano, secondo un’antica leggenda, dal Tempio di Salomone.

Sopra ogni episodio sono raffigurati un Profeta e una Sibilla, suddivisi da una edicola architettonica, che racchiude una figura allegorica dipinta in monocromo.

Il ciclo fu eseguito tra gli anni 1569 e 1576, quando era cardinale protettore dell’Oratorio Alessandro Farnese, il cui stemma si trova sul soffitto ligneo intagliato da Ambrogio Bonazzini, uno dei più grandi specialisti dell’epoca, è un esempio di rara e pregevole qualità.

Impagabile è la decorazione pittorica dell’ambiente, fondamentale nella storia delle arti figurative e che rappresenta il primo esempio di quel genere di pittura ispirata agli ideali etici ed estetici della Controriforma, che continuò a dominare la cultura artistica Italiana ed Europea per almeno due secoli.

È probabile che il compito dell’intero lavoro sia stato affidato a Jacopo Bertoja, pittore parmense giunto a Roma nel 1568. L’artista però venne chiamato poco dopo dallo stesso cardinale Farnese a Caprarola: iniziò così l’avvicendamento di numerosi artisti quali Livio Agresti, Raffaellino da Reggio, Federico Zuccari, Cesare Nebbia, Marcantonio dal forno e Marco Pino.


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